20 Set KALINCHOWK, UN PELLEGRINAGGIO SCIAMANICO IN NEPAL Nizza, Musée des arts Asiatiques,
sino al I Ottobre
SCIAMANI, DIALOGHI CON L’INVISIBILE
Cannes, Musée des Explorations du Monde,
sino al 10 Novembre
Ho avuto la fortuna di incontrare gli sciamani. E’ accaduto a Kathmandu nel 1979 e la mia curiosità mi portò nei due anni successivi a cercarli e conoscerne alcuni, soprattutto uno, Ram Bahadur Jakri, la cui fama nelle montagne dove viveva erano proporzionate alla lunghissima sottile treccia di capelli che non tagliava da quando, ancora adolescente, aveva sentito di essere uno sciamano e che era il simbolo del suo potere. Per me eseguì alcuni rituali della trance e, con il suo giovane discepolo, alcune danze rituali : una vera esperienza con un mondo che fino ad allora avevo solo letto e favoleggiato.
Fotografai quegli indimenticabili momenti e l’anno dopo riuscii a salire fino alla vetta di Kalingchok (3750 mt.) per assistere alla celebrazione di una dea, patrona degli sciamani, alla quale partecipavano decine di sciamani e pellegrini che si erano inerpicati lungo quei sentieri scoscesi e intrisi della pioggia monsonica.
Nel bellissimo Musée des Arts Asiatiques di Nizza, progettato da Kenzo Tanghe, sono esposte alcune foto di quei miei momenti straordinari. Dopo più di 40 anni che le ho scattate queste foto sono ormai un documento storico dato che molto è cambiato, non solo a Kalingchok e in Nepal ma in tutte quelle pratiche religiose che fino all’arrivo della tecnologia, della medicina allopatica e delle strade erano per molti popoli della Terra il solo mezzo possibile per cercare di mantenere l’equilibrio dell’uomo rispetto alle malattie, al rapporto con la natura e al “mondo invisibile”, prerogativa proprio degli sciamani.
KALINCHOWK
Kalinchowk è il nome di un piccolo santuario indù, arroccato a 3800 metri di altitudine su una cima isolata del Nepal centrale. Durante la luna piena del mese di Saun (luglio-agosto), nel pieno della stagione delle piogge, una folla di devoti viene a cercarvi la benedizione di Kali, la grande Dea, signora del luogo. Il pellegrinaggio è ritmato da canti, danze, recitazione di preghiere e offerte di fiori, riso, latte e animali sacrificali.
Tuttavia la mostra di Nizza è anche un collegamento con quella -ben più importante- sulle tradizioni sciamaniche di molti popoli di tutto il mondo, organizzata da Christophe Roustan Delatour nelle sale del Museo di Cannes di cui è vicedirettore.
Le fotografie scattate da Renzo Freschi nel 1979 testimoniano il fervore religioso di questa festa a cui partecipano decine di sciamani, intermediari privilegiati tra gli umani e le potenze invisibili. Muniti dei loro tamburi e oggetti rituali, gli sciamani rivaleggiano tra loro, formano giovani discepoli, benedicono i fedeli e rendono omaggio ai potenti spiriti delle montagne.
In Nepal, lo sciamano (jhakri) è considerato un guaritore dotato di capacità soprannaturali. E’ capace di viaggiare nel mondo invisibile, predire il futuro, curare i mali che affliggono gli individui e la comunità. Per poter entrare in trance, compiere i rituali e contrastare gli spiriti maligni, gli sciamani utilizzano vari attrezzi come il tamburo, armi magiche e oggetti particolari che gli servono da protezione. Questo equipaggiamento unisce materiali e motivi simbolici destinati a rinforzare l’efficacia e il prestigio dello sciamano. Renzo Freschi spiega che “secondo la concezione animista locale, la malattia è provocata dagli spiriti maligni o dalle streghe e solo gli sciamani hanno potere di guarigione”. E’ per esorcizzare quel periodo nefasto (il monsone propizio alle epidemie) che gli sciamani si riuniscono ogni anno a Kalinchowk, per rinnovare i loro poteri, indispensabili per servire e proteggere le loro comunità.
“Chamanes, Dialogues avec l’Invisible” introduce, attraverso 150 opere di 19 Paesi provenienti da musei, collezionisti e gallerie private, a quel “mondo invisibile” che per millenni gli sciamani hanno praticato. Gli oggetti rituali, le sculture, i dipinti, i costumi, selezionati da un comitato scientifico presieduto da Francois Pannier, sono divisi in sette aree tematiche che approfondiscono i vari aspetti delle differenti tradizioni sciamaniche: chi è lo sciamano; come si diventa uno sciamano; come comunicare con gli spiriti; come si mette in rapporto con gli altri esseri viventi; quali sono i suoi strumenti rituali; guarigione e morte; uno sguardo sull’invisibile.
Oltre a quelle antiche -appartenenti a sciamani o alle loro comunità- sono esposte anche opere di artisti viventi che, pur nella modernità, vogliono mantenere vivo il ricordo di tradizioni che, se dimenticate, portano alla perdita della propria identità. Inoltre degli audiovisivi girati nei luoghi di origine mostrano dei rituali sciamanici tuttora praticati. La mostra è dunque un importante contributo alla conoscenza di una tradizione che risale alle origini della comunità umana e si conclude con la fantastica ricostruzione di una tenda dove veniva celebrato un certo rituale di una etnia siberiana. Così, in un ambiente del Museo particolarmente suggestivo, è possibile entrare nella tenda in cui vengono magicamente riprodotti suoni e immagini che cercano di evocare quelli originali creati dallo sciamano: meraviglia!
Renzo Freschi
Daniela schifano
Pubblicato alle 14:16h, 26 SettembreComplimenti. Potenza della fotografia abbinata all’invisibile.
Itamar Procaccia
Pubblicato alle 16:14h, 26 SettembreBravo Renzo, congratulations!
Itamar
Gabriella Antonini
Pubblicato alle 09:34h, 01 OttobreVeramente intrigante, mondo quasi perso!!!!
Gabriella Antonini
Pubblicato alle 09:34h, 01 OttobreVeramente intrigante, mondo quasi perso!!!!