18 Ott GIUSEPPE BERGER “MASTRO COLLEZIONISTA”
di Renzo Freschi
Conosco Giuseppe Berger dalla fine degli anni ’70 quando avevo una piccola bottega nella zona medioevale di Milano dove vendevo oggetti d’arte ed etnografia orientali che acquistavo in India e nel Sud-est asiatico. A quel tempo Berger aveva già iniziato da anni alcune delle sue numerose collezioni (armi bianche, icone, arte moderna) per allargarle all’arte indiana a seguito di alcuni viaggi in India, che ha visitato tra il 1968 e il 2018, più di cinquanta volte. Berger è un collezionista seriale, nel senso che quando scopre una tipologia di oggetti che lo incuriosisce per il significato simbolico o per la storia che contiene, inizia ad acquistarne quanti più riesce a trovarne anche a costo di avventurose esperienze. Le oltre duecento saliere russe in argento, le 400 icone in metallo, i 1206 oggetti per il betel e molte altre collezioni testimoniano una passione che non è proprio bulimica dato che ogni oggetto viene studiato, classificato ed è diverso dagli altri: una concezione enciclopedica del collezionismo che rispecchia un forte desiderio di primeggiare.
Il suo “primo amore indiano” furono le raffigurazioni di Ganesh, il famoso dio dalla testa di elefante, di cui ne possiede oltre duecentocinquanta. Conosciuto da tutti i mercanti indiani e italiani (dai quali fu soprannominato per alcuni anni “Cicci Ganesh”) è noto per la sua insaziabile predisposizione all’acquisto e per la straordinaria abilità nelle più estenuanti trattative che lo vedono quasi sempre vincitore e anche questo fa parte del personaggio. Il primo oggetto che ha acquistato da me fu una placca in bronzo di Virabhadra, una delle innumerevoli manifestazioni del dio Shiva (a sin.). Quando Berger conobbe la storia di questo potente quanto irascibile dio ne fu talmente affascinato da farne per oltre quarant’anni il sacro fuoco delle sue ricerche e dei suoi viaggi in India. Erano viaggi epici perché subito dopo essere sbarcato dall’aereo, Berger si vestiva, anzi si incarnava, in un perfetto indiano abbigliato di bianchi kurta e pyjama (casacca e pantaloni di cotone tessuto a mano di gandhiana memoria).
Lo aspettava l’amico e fido autista Hans Raj con il quale visitava intere regioni dove si infilava dal migliore antiquario al più inaffidabile rigattiere per cercare qualcuna delle oltre 500 placche o raffigurazioni che lentamente riusciva a raccogliere. La sua ricerca, quasi una devozione o una identificazione caratteriale, lo portò una volta a Hampi, uno dei siti archeologici più straordinari non solo dell’India ma del mondo intero, per visitare il tempio dedicato al “suo” dio. Era agosto, quando l’estate indiana supera il concetto di caldo e umido, per cui il nostro collezionista era seduto all’ombra del tempio per recuperare le forze. Improvvisamente si avvicina un bramino (la curiosità degli indiani per gli stranieri è irrefrenabile) che inizia a interrogare Berger e ovviamente viene a sapere del suo interesse. Il bramino si allontana per tornare poco dopo con un antico rilievo in pietra di Virabhadra che cede al collezionista per un prezzo così ragionevole da impedire a Berger la solita furibonda trattativa, rendendolo felice per aver acquisito una immagine del suo dio prediletto proveniente proprio dal tempio a lui dedicato (a ds.).
Ogni viaggio erano migliaia di chilometri ma erano anche parecchie decine di oggetti che stipava in pesantissime valige che superavano di decine di chili il peso consentito dal biglietto di economy class. Superata miracolosamente la dogana indiana, a bordo dell’aereo smetteva gli abiti indiani per rivestire quelli di noto manager della pubblicità e dell’editoria e superare altrettanto miracolosamente la dogana italiana. Per tutti noi mercanti e collezionisti, contrabbandieri naif innamorati di un’India idealizzata, tornare a casa e rivedere il risultato delle nostre faticose trouvailles era un godimento assoluto e tale era anche per Berger quando aggiungeva decine di Ganesh, tagliabetel e Virabhadra alle già cospicue collezioni.
Con gli anni la collezione diventa famosa e le offerte arrivano non solo dai mercanti indiani che vengono a trovarlo a Milano per proporgli nuovi acquisti ma da tutto il mondo.
Gli capita così di riceve la brochure di un antiquario inglese dove è pubblicata una straordinaria statua in granito del XIII secolo alta circa un metro e mezzo; prende con la moglie il primo aereo disponibile per Londra e acquista la scultura. Ma la storia continua perché alcuni anni dopo un giovane imbianchino milanese di fede indù vede casualmente la statua di Virabhadra nel giardino di casa Berger dove è tuttora collocata, chiede di conoscere il proprietario e gli propone di celebrare un rituale in onore del dio. Alla presenza di alcuni fedeli con Berger e la moglie, vestiti ovviamente all’indiana, Virabhadra trova quindi una residenza ufficiale anche a Milano. Ormai la collezione conta più di cinquecento opere ed è sicuramente la più importante al mondo. Visitarla è come entrare nel più grande santuario di Virabhadra: un piacere impegnativo tante sono le epoche, gli stili e le tipologie ma se chiedete qualche informazione Giuseppe delega Paola, non solo moglie devota ma anche accurata catalogatrice e memoria storica di tutte le collezioni.
Negli ultimi anni il dott. Berger ha iniziato a separarsi in parte da alcune delle sue collezioni: 52 icone russe “dei vecchi credenti”, piccole immagini in metallo che venivano portate al collo, sono state donate alla “Fondazione Peccioli” dell’omonima cittadina vicino a Pisa e 74 placche di Virabhadra alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, una delle più prestigiose pinacoteche italiane, dove sono esposte in una apposita sala. Ma l’operazione più lunga e complessa è stata la donazione dei 1206 pezzi sulla cultura del betel che avrebbero dovuto arrivare in India, dove un mecenate aveva fatto appositamente sopraelevare il locale museo di un intero piano, rimasto poi vuoto per complicazioni burocratiche e doganali. L’intera collezione è ora al Museo delle Culture di Roma in attesa di essere esposta in modo adeguato alla sua importanza. Che il dio dei collezionisti, qualunque sia il suo nome, possa rendere immortale Giuseppe Berger per la sua inesauribile curiosità, per il beneficio dei mercanti e per la gloria dei musei, perché è importante ricordare che sono stati proprio i collezionisti a sostenere da sempre il mondo dell’arte.
Dal 21 Ottobre al 19 Novembre 2022
Foto Pietro Notarianni
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